L'ingiustificato tabù dell'UE e la tentazione della motosega

11.10.2019

Corriere del Ticino

La Svizzera è terra di democrazia liberale, confronto e concordanza, che ha saputo sviluppare il proprio modello di successo grazie a un'economia aperta e una formazione di punta. Nonostante questi punti di forza il dibattito politico si è ammorbato; in Ticino, quando si parla di Europa o, peggio, di "Unione europea", si scavano trincee sempre più profonde tra salvatori e traditori della Patria. Cosa ci sta succedendo?

Il confronto politico tende a favorire, soprattutto nel Ticino, un pericoloso oltranzismo che fa a pugni con la cultura politica elvetica della concordanza: una cultura preziosa che in passato ci ha sempre permesso di fare passi avanti condivisi e di stabilizzare le relazioni con il nostro principale partner commerciale, il cui enorme mercato conta oltre mezzo miliardo di consumatori.

Gli accordi bilaterali votati dal popolo nel 2000 hanno permesso alla Svizzera di risollevarsi dagli stagnanti anni '90, quando la disoccupazione era ben più alta rispetto a oggi e l'economia stagnava. Nel frattempo, abbiamo sviluppato una rete di competenze e di relazioni fitta e invidiabile. Non intendiamo snocciolare un rosario di cifre, ma la fotografia della situazione attuale restituisce l'immagine di un'economia forte, diversificata e integrata. Recentemente la Fondazione Bertelsmann si è posta un quesito: chi trae più vantaggi dal mercato interno europeo? La risposta individuata può sorprendere, ma nemmeno troppo: la Svizzera. Infatti, dalla sottoscrizione dei bilaterali il nostro reddito pro-capite è aumentato di ca. 3'205 CHF, contro i 1'046 euro in Germania (seconda grande beneficiaria). L'accesso al mercato unico è stato un toccasana per le aziende svizzere, di cui una miriade di PMI - di certo non "dirette dai soliti manager stranieri" - che esportano beni e servizi richiesti all'estero senza ostacoli e senza temere lacune nella disponibilità di manodopera.

Se poi pensiamo al nostro sistema formativo, possiamo sfoderare due politecnici di fama mondiale, università di prestigio, SUPSI sempre più specializzate e centri di eccellenza che veicolano nel mondo il buon nome del nostro Paese. Progressi scientifici che si irradiano sul territorio, sviluppando quel valore aggiunto all'economia regionale, che consente tra l'altro di abbandonare settori economici obsoleti e che si reggono in piedi solo grazie a manodopera a basso costo. In questo senso i centri di ricerca svizzeri approfittano a piene mani delle risorse del programma europeo "Horizon", grazie anche all'interscambio, alla messa in rete delle conoscenze e ai programmi comuni dei nostri ricercatori e delle nostre università con le eccellenze di tutta Europa.

È però altrettanto vero che sui Bilaterali si sono allungate alcune ombre, in particolare in Ticino. Occorre parlare chiaro: le difficoltà ci sono e si traducono, in certi settori, in dumping salariale, sostituzione della manodopera e precarizzazione dei rapporti di lavoro. È per questi motivi che abbiamo votato a Berna ognuna delle misure accompagnatorie, sensibilizzando anche i colleghi della Svizzera interna un po' duri d'orecchio. Altrettanto importanti sono le misure adottate a livello federale e cantonale nell'ambito della riqualifica e del reinserimento professionale. Disdire l'ALC e mettere a repentaglio i bilaterali, invece, è una medicina di gran lunga peggiore del male che intendiamo curare.

Siamo piccoli, ma siamo forti e alla paura occorre sostituire il coraggio. Geograficamente, culturalmente ed economicamente siamo nel cuore dell'Europa e anziché ritirarci nel ridotto nazionale dobbiamo consolidare la via bilaterale, rifiutando tanto l'adesione quanto l'isolamento. La via bilaterale e una cornice chiara dei rapporti fra Svizzera e Unione europea sono la ricetta vincente per il nostro benessere. La soluzione sta nell'utilizzare il cacciavite e l'intelligenza negoziale, senza soccombere alla tentazione di afferrare la motosega e tagliare il ramo su cui siamo seduti.

Di Giovanni Merlini e Filippo Lombardi

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